È una domanda sicuramente (e volutamente) provocatoria. Quello che vogliamo provocare è una riflessione pacata e razionale, ma franca, sul nostro futuro.
Per rispondere alla domanda, però, sono necessari alcuni chiarimenti preliminari.
Prima questione – cos’è il turismo?
Chi sono i turisti? Chiamiamo allo stesso modo – «turisti» – quelli che qui trascorrono usualmente le loro vacanze, – magari da decenni, – quelli che vi possiedono una casa, che curano e utilizzano; quelli che ne percorrono i sentieri, le montagne, ne risalgono i torrenti; visitano con interesse storico e culturale (e anche gastronomico!) i nostri borghi. Insomma quelli che vivono la montagna e la sua gente integralmente?
Lo stesso nome – “turisti” – lo diamo a chi viene occasionalmente, decidendo magari all’ultimo istante (secondo il traffico, il meteo, l’umore) se risalire la Valcamonica o la Valseriana o la Val di Scalve, e che ci affollano strade e parcheggi, lamentandosi magari per i disservizi che loro stessi provocano?
Purtroppo il vocabolario non offre molte alternative e ci costringe a usare la stessa parola.
Ma la distinzione, c’è, ed è chiara a tutti. Anche a chi progetta il nuovo turismo di massa e lo misura solo in decine di migliaia di presenze, in capacità di spesa degli stessi, e in ritorno economico immediato per loro.
Ma mentre i primi portano rispetto, amore, integrazione – e anche soldi con continuità! Chiamati in vari modi, contribuiscono da oltre un secolo alla vita e allo sviluppo della Valle – i secondi, portano lo sfascio delle Comunità che invadono. È successo ovunque e le Comunità locali sono sparite. E allora si può capire lo sfogo dei «torna a casa, turista!», che comincia a sentirsi da più parti. Sbagliato, ma comprensibile.
La seconda questione – qual’è davvero “il nostro” problema?
Il problema «nostro» dei residenti e degli amanti della Valle… qual’è?
È Il numero di abitanti in calo? No, questo è un fatto comune a tutte le aree interne e lontane dai servizi e guarda caso alle località iperturistiche.
È piuttosto l’inesorabile invecchiamento della popolazione che ci portarà, non alla disoccupazione, ma alla carenza di forze produttive e riproduttive nei prossimi 2, 3 decenni.
Quindi non è neppure la mancanza di lavoro? No. Non qui, per ora, grazie al cielo e alle imprese. Anzi, qui c’è carenza di manodopera di ogni tipo.
Allora forse è la carenza o lontanza dei servizi di abitabilità, che è poi la causa principale della migrazione moderna. È la precarietà dei collegamenti, che brucia competitività alle imprese e rende difficile raggiungere scuole, strutture sanitarie e sportive, servizi culturali. Senza dubbio.
Di sicuro NON è la carenza numerica di turisti, che per molti aspetti, rende anche più invivibile il territorio per noi.
Il loro problema, invece, è l’ampliamento dei servizi turistici e della capacità degli impianti di accoglierli tutti., destagionalizzando il caos. Ma la vita è per sua natura stagionalizzata, vive di stagioni, per fortuna. Lasciate in pace le stagioni.
Il loro problema è quello di accedere ai fondi pubblici per sostenere un investimento che sostenibile non sarebbe senza quei fondi (soldi nostri sottratti da chi ci governa, a necessità primarie). E l’investimento non risolve nessuno dei nostri problemi.
Terza questione – a vantaggio di chi, deve servire la soluzione?
Dei residenti? Certamente e anzitutto, se vogliamo che la vita continui in queste terre. I residenti, con le loro attività, sono quelli che si prendono «cura» delle montagna. Ma la soluzione deve avvantaggiare anche tutti gli amanti della montagna e delle nostre Valli che sono ospiti benvenuti, sempre.
O vogliamo una soluzione a vantaggio del «vasto bacino di utenza turistica da Bergamo, Brescia, Milano…ecc.» che i promotori del progetto inseguono?
Se comprendiamo e condividiamo queste riflessioni, possiamo affrontare la provocazione:
IL TURISMO (quale?) è LA SOLUZIONE, o è il PROBLEMA?
Vi aspettiamo.
Lucio Toninelli su FB gruppo Val di Scalve, non solo montagne